#l’ariacherespiro
Tre mesi che mi manchi come l’aria.
Sono tre anni che mi manchi ad essere onesta.
Ieri ero al lavoro, sono andata a buttare la pattumiera e c’era una luna piena bellissima, argento. Brillava nel cielo scurissimo.
Ti ho sentita vicino.
Ho perso tutto, e sono in balia degli eventi.
Non ho più voglia o forza dì piangere, non serve nemmeno più a farmi dormire.
Vorrei smetterla dì chiedermi come mai succedano sempre a me queste cose, è così masochista farlo.
Le cose succedono. La vita cambia in un soffio e non importa quanto tu ci abbia messo per costruirla, quanto impegno e quanto amore.
Non era granché quello che avevamo, non era glamour o fatto su misura. Erano mobili dì seconda mano, che con amore e dedizione sono diventanti i nostri mobili.
Non vivevamo in una reggia, ma era molto luminosa e dal salotto si vedevano un sacco dì piante. Mi emozionavo sempre a guarda i miei fiori secchi sul davanzale, a dondolarmi sulla sedia a dondolo.
Pensavo a quanto fossi fortunata ad avere una casa e a quanto mi facesse bene pensare dì tornarci dopo una giornata estenuante al lavoro.
Il nostro divano, dì seconda mano anche lui, tirato a lucido che sembrava nuovo.
Non c’è più nulla, le stanze sono ora vuote e dì noi non c’è nessuna traccia.
Le Poche cose che siamo riusciti a salvare sono in indistinti sacchi neri.
Mia mamma mi chiede cosa penso.
Non penso.
Non so cosa pensare.
Da due settimane siamo senza casa, viviamo sul un filo sottilissimo dì incertezza.
Abbiamo con noi un cambio e i vestiti del lavoro. Cinque giorni su sette lavoriamo, portiamo questa maschera che ci fa sentire normali e ci permette dì sopravvivere. La società ti vuole sorridente. Lo diceva Jannacci, il nostro piangere fa male al re. E allora stringo ancora i denti, quello che ne è rimasto dopo anni di bruxismo, e sfoggio un sorriso, il mio migliore. Il più finto. Il più adatto per non sconvolgere le coscienze.
La fuori nessuno immagina cosa stiamo passando.
La verità è che noi siamo persi.
Attendiamo che qualcuno giudichi se siamo idonei per una casa, se ce la meritiamo. Attendiamo che qualcuno ci giudichi per il nostro visto e il nostro conto in banca.
Nel frattempo scrivo lunghe lettere di presentazione nella speranza che la mia sensibilità, le mie doti comunicative possano colmare il vuoto di visto non permanente.
Non c’è nulla di umano in tutto questo, e mi fa rabbia.
Piango ogni tanto, cerco di farlo da sola. Le persone si disturbano davanti alle lacrime. Troppa umanità.
E io penso a voi.
Ti ho sognato nonno, chiedevi alla nonna di andare a fare colazione e io mi offrivo di farvi da taxi. Vorrei che fosse vero, vorrei che potesse succedere di nuovo. E poi tutto un tratto tutto andava a fuoco e c’erano mille esplosioni.
È un po’ la mia storia, ogni volta che penso di essere non dico felice ma serena succede qualcosa, di imprevedibile, inaspettabile, vicino al catastrofico.
Vorrei che tutti fossero come voi.
Vorrei un modo dove essere onesti e avere pensieri buoni non sia una vergogna. Dove chiedere aiuto non sia una vergogna.
Dove l’umanità abbia più valore del denaro.
Dove la sofferenza non venga nascosta ma affrontata.
Mi sento molto sola.
Non so cosa fare, e aspetto.
Vorrei che foste qui, ancora una volta.
Per sempre.
Vi vorrei con me per sempre.
